NOTA DI COMMENTO ALL'ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 24662/2025

Commento breve all’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 24662 del 3 luglio 2025 pubblicata in data 6 settembre 2025

 

Tempo di pratiche pensionistiche e le segreterie come in una notte di Halloween magicamente si trasformano in patronati, consulenti pensionistici, operatori previdenziali.

Le fattispecie sono delle più disparate e le domande che sorgono sono mediamente sempre le stesse eppure sempre nuove. Solo alcuni sembrano essere i punti fermi. Uno di questi, fino allo scorso 6 settembre, era certamente il comma 3 dell’art. 509 del dlgs 297/1994: “Il personale, che, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, non abbia raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età”.

La Nota ministeriale MIM 205851 del 25 settembre 2025 - DM 182 2025 Cessazioni dal servizio personale scolastico dal 1° settembre 2026 - Trattamento quiescenza e previdenza - Indicazioni operative recita: “Nulla è invece innovato rispetto al comma 3 del citato articolo 509 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 che disciplina i trattenimenti in servizio per raggiungere il minimo ai fini del trattamento di pensione. Ne consegue che nel 2026 permarranno in servizio i soli soggetti che, avendo compiuto 67 anni di età entro il 31 agosto 2026, non sono in possesso di 20 anni di anzianità contributiva (…)

Il Ministero nel comunicare alle scuole come operare accenna appena al comma 3 dell’art. 509 del D.lgs 297/1994 dando per scontato i risvolti operativi connessi ad esso.

Ma è proprio così?

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, in data 6 settembre 2025 ha pubblicato un’ordinanza interlocutoria, la n. 24662, che analizza proprio l’impatto del menzionato comma 3.

A.    Fatti del caso

La vicenda prende avvio nel 2024 quando Parte ricorrente impugnava il rigetto della propria istanza presentata il 13 ottobre 2023 e volta al trattenimento in servizio fino all’età di 70/71 anni, così da potere riscattare gli anni di università e l’anno di ruolo giuridico, in modo da ottenere il diritto alla pensione di vecchiaia contributiva (raggiungendo 20 anni di contribuzione) o, in alternativa, ottenere la pensione di vecchiaia, considerando gli ultimi cinque anni di contribuzione. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, nel costituirsi, ribadiva la correttezza del proprio operato, e rappresentava che la ricorrente non avrebbe raggiunto i 20 anni di contribuzione neanche con il trattenimento domandato e ha richiamato giurisprudenza a sé favorevole.

Il Tribunale competente rilevava dunque che, rispetto alla domanda principale, era fondata l’eccezione ministeriale, successivamente non contestata dalle parti, secondo cui - in assenza di domanda di riscatto di laurea, mai chiesto - non sarebbe stato raggiungibile il limite dei 20 anni di contribuzione e che, quindi, sarebbe venuto meno qualsiasi fondamento rispetto a tale parte di domanda. Tuttavia evidenziava altresì che la questione ulteriore era quella della permanenza sino a 71 anni (ossia il limite massimo di 70 anni previsto dall’art. 24, comma 7, ultimo periodo, d.l. n. 201 del 2011, conv. dalla legge n. 214 del 2011 - per il quale “si prescinde dal predetto requisito di importo minimo se in possesso di un’età anagrafica pari a settanta anni, ferma restando un’anzianità contributiva minima effettiva di cinque anni” - aumentato con l’adeguamento alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla legge n. 122 del 2010) che avrebbe consentito, al raggiungimento di tale età, la fruizione della pensione.

Pertanto il Tribunale di Lecce trasmetteva gli atti alla Cassazione domandando se l’art. 509 comma 3 del d.lgs 297/1994 vada interpretato nel senso che il relativo trattenimento in servizio possa essere disposto solo ove consenta di raggiungere - entro il 71mo anno di età - la contribuzione minima di 20 anni per la fruizione della pensione di vecchiaia (e, per coloro cui si applica, solo se l’importo della pensione non risulterà inferiore all’importo soglia di 1,5 volte l’assegno sociale annualmente rivalutato) ovvero se esso possa essere disposto, anche a prescindere dal requisito contributivo, al fine di consentire al soggetto istante il raggiungimento dell’età anagrafica massima prevista dalla norma (comprensiva di adeguamento alla speranza di vita) con conseguente acquisizione del diritto alla fruizione della pensione di vecchiaia ex art. 24 c.7, ultimo periodo, del dl 201/2011 (requisiti attuali: 71 anni di età e 5 anni di contribuzione)”

 

B.    La questione giuridica

Fatta la premessa sul Fatto, la questione di Diritto affronta due possibili interpretazioni dell’art. 509 comma 3 del dlgs 297/2994:

1-    un primo orientamento afferma che il diritto al trattenimento in servizio sussisterebbe anche qualora, al raggiungimento del settantesimo anno di età, non sia conseguito il requisito contributivo.  Deporrebbe in tal senso il dato letterale della norma denunciata, che non vincolerebbe espressamente il trattenimento in servizio al conseguimento o meno dell’anzianità contributiva richiesta dalla legge, ma, invece, prevedrebbe il solo limite costituito dall’età anagrafica di 70 anni;

2-    un diverso ed opposto orientamento afferma che il trattenimento in servizio del personale scolastico fino al limite massimo del settantesimo anno di età sarebbe possibile solo se esso consenta di raggiungere l’anzianità contributiva minima indispensabile per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia. L’espressione “può essere trattenuto in servizio”, essendo immediatamente precedente a quella “sino al conseguimento di tale anzianità minima”, sarebbe prioritaria rispetto alla successiva “e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età”, indicando la funzionalizzazione del trattenimento in servizio del personale scolastico al raggiungimento del requisito contributivo per la pensione di vecchiaia e non al mero prolungamento della carriera lavorativa.

 

La rilevanza costituzionale delle due interpretazioni è data dall’ipotesi verificatasi nel giudizio di interesse, per cui anche laddove la Corte avesse abbracciato l’interpretazione più estensiva e dunque il giudizio avesse potuto proseguire, comunque la ricorrente, al raggiungimento dei 70 anni, non avrebbe avuto al possibilità di accedere al trattamento pensionistico e pertanto è evidente una lacuna assiologica non superabile con l’ermeneutica.

Infatti, neanche la lettura delle disposizioni citate nell’ordinanza, cui si rinvia, e approfonditamente analizzate dalla Corte, consentono di estendere l’ambito di applicazione dell’art. 509 comma 3 del D.lgs 297/1994 che, comunque, “cristallizza” la propria portata.

La Corte rileva come dalla giurisprudenza della Corte costituzionale si ricavi l’esigenza primaria di tutela della posizione del soggetto che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età, si troverebbe, al contempo, privo di retribuzione e di pensione. La Corte Costituzionale con numerose pronunce ha conferito il massimo di effettività alla garanzia del diritto sociale alla pensione riconosciuto a tutti i lavoratori ai sensi dell’art. 38, comma 2, Cost. che impone, in linea di principio, di non lasciare privi sia di retribuzione sia di pensione soggetti che non abbiano ancora raggiunto i venti anni di contributi e che, per i redditi percepiti, potrebbero non avere immediato accesso a misure previdenziali/assistenziali, restando privi di reddito.

Ed ecco che dunque la questione viene rimessa alla Corte Costituzionale, per le ragioni che qui si sono appena abbozzate e nell’Ordinanza allegata possono essere ben comprese.

In definitiva, tenuto conto dei limiti tecnici che non consentono alle scuole di ponderare in maniera semplice e accurata la reale compresenza dei vari requisiti che si sedimentano sul substrato giuridico costituito da disposizioni, norme e sentenze, alla luce dell’Ordinanza e delle considerazioni fin qui fatte, una segreteria che si trovasse dinanzi ad un’istanza analoga a quella oggetto di causa avrebbe non poche difficoltà operative e decisionali. E pertanto emerge come, una volta ancora, il Ministero, liquidando la questione con 3 righe, ha perso un’occasione propizia per elevare la propria statura giuridica e indicare più chiaramente come affrontare interinalmente questioni analoghe e che, per la verità, non sono affatto rare.

 

Lì, 20.10.2025

D’INTESA CON IL PRESIDENTE

IL DIRIGENTE NAZIONALE

Alessio Bergamo


» Documenti allegati:
   Documento allegato ... QUI il documento ANQUAP
   Documento allegato ... QUI l'ordinanza n. 24662 del 6/9/2025


 
Categoria: Uffici ANQUAP Data di creazione: 20/10/2025
Sottocategoria: Previdenza Ultima modifica: 20/10/2025 10:26:53
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